Riceviamo e pubblichiamo la relazione del presidente Venanzio Gizzi redatta per la XXXVII Assemblea Federale ASSOFARM. Tanti i temi affrontati, incentrati sul tema della pandemia e sul ruolo delle farmacie comunali.
Cari Amici e Colleghi,
Questa volta, ben più di tutte le altre, rivederci qui, rivederci davvero e non attraverso un monitor, ci regala un’emozione bellissima. Sappiamo che non è tutto finito, sappiamo che non dobbiamo abbassare la guardia sui nostri comportamenti individuali e sulle nostre responsabilità istituzionali. Abbiamo però dimostrato di saper resistere, di saper inventare soluzioni. Bentornati all’Assemblea Nazionale di Assofarm.
Prima di iniziare la mia relazione, sento il dovere di ricordare i 30 farmacisti che, a causa del Covid, hanno perso la vita nell’esercizio della loro funzione socio-sanitaria.
Tra essi si annoverano alcuni farmacisti comunali che sono mancati durante la loro attività lavorativa al servizio della collettività.
Li ringraziamo con commozione e, insieme a loro, ringraziamo le migliaia di operatori sanitari che hanno dato, fino allo stremo, testimonianza del loro impegno quotidiano durante la pandemia.
Vi chiedo, dunque, di osservare un minuto di silenzio per tutti i farmacisti, medici e infermieri che non sono più con noi.
Arriviamo a questo appuntamento confermando tutti gli obiettivi annuali che ormai costituiscono una piacevole certezza per la nostra Federazione. Tra questi un bilancio assolutamente in ordine, cui si accompagna una tenuta oserei dire perfetta della struttura operativa della Federazione, sia per i suoi organi politici centrali e regionali, sia sulla dimensione dello staff e della rete dei collaboratori. Ma l’incontro di oggi ci permette soprattutto di celebrare il raggiungimento di traguardi per così dire meno ordinari per la nostra Federazione.
Il grande tema che ha caratterizzato il nostro impegno di questi ultimi 12 mesi è fondamentalmente stato uno solo: trasformare la risposta alla crisi pandemica in una grande opportunità per le farmacie e per il loro potenziale logistico-sanitario. La verità è che il Coivd-19, nella drammaticità dei suoi effetti e dinamiche, ha impedito ai decisori politici di continuare a tergiversare rispetto agli stimoli e alle proposte che da anni provengono loro dalle Farmacie, e di fatto gli ha imposto di avviare quei processi di integrazione nel Servizio Sanitario Nazionale per i quali, le Farmacie Comunali più di ogni altro, combattono da anni.
A fronte di ciò, la cronaca di settore continua a fornire elementi di riflessione sulla necessità di continuare con forza e in maniera più ampia possibile questa stagione riformatrice appena avviata. Ultimi, in ordine di tempo, sono i dati sulla spesa farmaceutica convenzionata recentemente pubblicati da Aifa. In essi si evidenzia una perdita del 8,3% rispetto al primo trimestre dell’anno scorso, cioè ai mesi precedenti l’inizio della crisi e alle prime settimane della stessa. In termini assoluti, i primi tre mesi di quest’anno registrano quindi un calo di 175 milioni di spesa convenzionata. Mentre le ricette arrivano a 137 milioni. Il fenomeno più rilevante risulta essere però un altro. Se a gennaio la convenzionata perdeva un 12,2% rispetto allo stesso mese del 2020, a marzo il negativo si riduce al -4,8%. Ancor più netto il trend delle ricette: da un -12,2% ad un -0,2% sullo stesso periodo.
Alla luce di un tetto di spesa più basso (ricordo che siamo passati da un 7,69 ad un 7%), i dati appena citati fanno immaginare un rischio sfondamento, con conseguente ripianamento da parte delle Farmacie. Certo, si può rispondere che Aifa calcola gli sfondamenti con riferimento al Fondo Sanitario 2021, cioè l’ultimo che gode dell’intesa già firmata tra Stato e Regioni, ma è evidente che nel medio periodo il problema rischia di acuirsi.
Siamo quindi ad un paradosso ben evidenziato qualche settimana fa dalla stampa di settore: all’aumentare dei costi d’impresa e dell’inflazione, le farmacie non potranno opporre maggiori ricavi derivati dalla spesa convenzionata, perché questi sarebbero gravati dal pay back.
Vaccino antinfluenzale: la lezione mancata
A settembre scorso fummo tra i primi ad attivare un tema che poi avrebbe dominato il dibattito politico-sanitario delle settimane successive. Insieme a noi, scienziati, politici e osservatori formarono ben presto un fronte esteso e compatto a sostegno della necessità di estendere quanto più possibile la somministrazione del vaccino antinfluenzale presso la popolazione italiana. Secondo tutti noi, il vaccino antiflu avrebbe ridotto i rischi di indebolimento in soggetti a rischio, avrebbe evitato di confondere i primi sintomi influenzali con un’insorgenza Coronavirus e, soprattutto, avrebbe evitato di produrre ricoveri influenzali presso un sistema ospedaliero già sovraccaricato dai malati covid.
Di fronte a queste opportunità, le autorità sanitarie avrebbero dovuto mettere in piedi una risposta dispensativa da milioni di dosi in poche settimane. Uno scenario, questo, che rendeva le farmacie un elemento tanto prezioso quanto, in un certo senso, “collaudato”. Ricordammo infatti già allora come negli ultimi quattro anni i paesi che autorizzano la vaccinazione in farmacia contro gli agenti patogeni più diffusi sono passati da 20 a 36. L’Italia avrebbe insomma potuto ripetere esperienze di successo già realizzate altrove.
Alla fine di Ottobre il nostro entusiasmo per questa prospettiva era già mutato in uno stato d’animo negativo. Nelle settimane precedenti era via via cresciuto il fronte favorevole alla vaccinazione antinfluenzale in farmacia. Ai farmacisti si erano uniti esperti e organi di stampa, poi non pochi esponenti politici e infine anche qualche Regione. A mancare all’appello rimanevano però il Comitato Tecnico Scientifico e i medici di medicina generale.
La critica che allora movemmo a questi ultimi fu che si stavano comportando come se il Paese non fosse attraversato da un’emergenza sanitaria senza eguali. Di fronte a numeri che dimostravano come la sola rete dei medici di medicina generale non avrebbe retto l’impatto di una vaccinazione di massa da realizzarsi in poche settimane, di fronte a proiezioni grigie sulle conseguenze economiche di un numero eccessivo di lavoratori influenzati, troppe sigle sindacali si limitarono a ripetere laconicamente e ad oltranza che la vaccinazione è un atto medico. Punto e basta. Ad essere criticabile, lo ripetiamo oggi come allora, non è la posizione in sé ma il fatto che essa fosse sostenuta senza tener conto del contesto drammaticamente inedito e gravido di conseguenze insopportabili per il nostro sistema sanitario.
Vale la pena ripetere oggi queste parole, in un momento in cui appare verosimile vedere la luce alla fine del tunnel, non per rimarcare un conflitto che avremmo volentieri evitato, ma per ricordarci quanto poco tempo sia passato dai giorni in cui il contributo delle farmacie venisse trascurato del tutto.
Già lo scorso ottobre la nostra prospettiva di azione era rivolta a quanto si sarebbe poi avverato. In un editoriale del nostro notiziario online ci chiedevamo infatti come avremmo potuto, senza la disponibilità di ventimila farmacie territoriali, dispensarne in pochissimo tempo milioni di dosi del vaccino anti-Covid, quando finalmente quest’ultimo sarebbe stato disponibile. La vaccinazione antinfluenzale di massa, e con il nostro supporto logistico, non solo avrebbe portato benefici sanitari immediati, ma sarebbe anche stata una sorta di allenamento per la vera grande sfida dei mesi a seguire.
Stimoli, i nostri, caduti nel vuoto fino alla legge di Bilancio e all’emendamento presentato dall’On. Marcello Gemmato e dalla Fofi e contenente la possibilità di somministrare vaccini in farmacia, pur “sotto la supervisione di medici assistiti da infermieri o da personale sanitario opportunamente formato”.
Un’iniziativa che già allora salutammo con estremo favore non solo per il suo valore di risposta all’emergenza, ma anche perché, come fu sottolineato allora, dava il via concreto alla legge sulla farmacia dei servizi e all’erogazione delle prestazioni professionali che essa prevede dall’ormai lontano 2009.
I pericoli della comodità
Nel gennaio scorso il grande tema distributivo continua, ma con nomi e prospettive diverse. L’occasione è offerta dalla dematerializzazione della ricetta bianca, in partenza da febbraio. All’entusiasmo di molti per un futuro prossimo in cui l’inserimento della prescrizione in un sistema digitale potrà attivare processi automatici di consegna a domicilio del farmaco, noi abbiamo fin da subito paventato effetti collaterali per la farmacia.
Dallo scorso agosto Amazon Pharmacy è un marchio registrato presso l’ufficio UE per le proprietà intellettuali. Vale anche la pena di ricordare come da anni il nostro sistema sia oggetto di attenzioni di chi vorrebbe rendere possibili maggiori aggregazioni proprietarie e ridurre il ruolo del farmacista professionista.
Se cadremo nella tentazione di sacrificare il rapporto diretto col paziente e di degradare la relazione consulenziale, se saremo disposti a perdere il nostro unicum professionale a vantaggio di una maggiore snellezza distributiva, allora diventeremo sempre più dei logisti e sempre meno degli operatori sanitari. Esponendoci così alla competizione del mercato della logistica. Ma c’è di più. In un contesto di distribuzione automatizzata a domicilio, che senso avrebbe la pianta organica? Quanti dipendenti di farmacia sopravvivrebbero ad un drastico calo dei passaggi quotidiani nel presidio fisico?
Se vogliamo vincere la partita della nostra sopravvivenza, una sopravvivenza peraltro ricca di senso sociale, dobbiamo invece imporre il nostro gioco. Non è il gioco della comodità, ma quello della sicurezza sanitaria, della presenza territoriale, del rapporto personale col paziente, del valore aggiunto al Servizio Sanitario Nazionale.
La svolta del vaccino anticovid
Siamo ormai alla storia recente. E finalmente è una bella storia. Non crediamo che il cambio di passo avvenuto a febbraio sia direttamente legato agli avvicendamenti di Governo. Non lo crediamo perché già prima dell’insediamento del Governo Draghi avevamo avvertito la netta sensazione che il buon senso e in generale una maggiore disponibilità nei nostri confronti stessero prendendo nuova forma.
Nei mesi precedenti Assofarm aveva attivato uno straordinario piano di contatti istituzionali. Ne citiamo solo alcuni : dai Vice Ministri Alessia Morani del MISE e Mauro Mattei del Ministero degli Interni, al Sottosegretario alla Salute Sandra Zampa, dal Capogruppo al Senato della Lega Massimiliano Romeo con la Vice-Presidente Commissione sanità Maria Cristina Cantù e la Sen. Sonia Fregolent, all’On. Marcello Gemmato, dall’On. Elena Cardinali all’ On. Angela Iannaro, fino al Ministro delle Pari Opportunità Elena Bonetti che ha coinvolto le farmacie in un progetto di lotta alle violenze contro le donne, e più recentemente delle interlocuzioni dirette con il Ministro alla Salute Roberto Speranza e il Commissario Straordinario all’Emergenza Francesco Figliuolo: da tutti questi incontri e dagli altri altrettanti numerosi incontri con le Regioni e le Amministrazioni Comunali, uscimmo sempre con la netta sensazione di una nuova considerazione per le farmacie. La nostra disponibilità a prendere parte alla campagna vaccinale Anticovid ormai in procinto di iniziare veniva accolta con un favore non più solo formale. I numeri che portavamo venivano analizzati con un’attenzione diversa dal passato. La nostra proposta di destinare i ristori per formare i farmacisti alla dispensazione vaccinale ci faceva apparire come un partner affidabile, qualcuno che stava chiedendo per poi dare.
E così, la notizia che il Decreto Sostegni avrebbe sancito la nascita del Farmacista Vaccinatore non ci è giunta come una sorpresa. È giunta però come una vittoria. La vittoria in una partita che la nostra Federazione portava avanti da almeno 3 anni, Da quando, nel 2018, sulla scorta di quanto si stava facendo in altri paesi nord-europei e che venne allora riportato da nostri partner dell’Unione Europea delle Farmacie Sociali (UEFS), iniziammo a proporre con convinzione la figura del farmacista vaccinatore come soggetto rilevante al raggiungimento di obiettivi epidemiologici rispetto ai quali l’Italia era lontana.
Il testo pubblicato in Gazzetta Ufficiale era insomma anche una vittoria della nostra Federazione. Non mancammo di farlo notare all’opinione pubblica di settore, ricordando al contempo che essa apriva una strada tutta ancora da percorrere. I primi mesi passati lungo questa strada ci spingono ad almeno due considerazioni.
La prima è che non siamo più soli, come invece lo stiamo stati in passato. La disponibilità del Commissario all’Emergenza è stata subito molto convinta. L’adesione delle singole farmacie ai piani formativi per la dispensazione dei vaccini è stata subito massiva. Anche l’industria ha battuto un colpo non da poco. Pfizer sta sviluppando un vaccino che, per condizioni di stoccaggio e mantenimento, è specificatamente progettato per la dispensazione in farmacia. Perfino tra i medici si registrano le prime aperture. In Emilia Romagna, alla contrarietà dell’Ordine dei Medici regionale alla nascita del Farmacista Vaccinatore ha risposto il disaccordo della sua rappresentanza di Ferrara, più morbida e disponibile verso la nostra categoria.
Sulla falsariga di questi segnali incoraggianti, oggi invitiamo le Regioni a sottoscrivere accordi con le farmacie che hanno aderito al piano vaccinale, e a fornire loro indicazioni chiare e soprattutto applicabili in tempi rapidi. Tutto ciò anche per poter dar seguito concreto alla volontà recentemente espressa dal Commissario Figliuolo di comprendere le farmacie tra i soggetti che sostituiranno gli hub una volta terminata la fase emergenziale.
Passo ora alla seconda considerazione. Ho la netta sensazione che questo percorso riformatore nato alla grande dalle vaccinazioni in farmacia stia già rafforzando la nostra identità sociale, e la spinga oltre i confini dell’esperienza Covid.
Un primo segnale di ciò arriva proprio dalla Toscana, anzi, dalle nostre Associate Toscane. L’abolizione della cosiddetta “tampon tax”, cioè dell’iva sugli assorbenti femminili, è un significativo segnale di come le farmacie Comunali intendono il proprio ruolo sanitario nei confronti delle comunità locali. Gli assorbenti sono certamente un prodotto commercializzato, ma sono anche un bene necessario e imprescindibile per una fascia di popolazione, le donne, che purtroppo ancora oggi vive una condizione di svantaggio nella maggior parte delle dimensioni della loro vita quotidiana. Scontare l’iva al 22% dal prezzo di acquisto significa nei fatti trasformare gli assorbenti femminili da prodotto commerciale in bene di prima necessità. Perché tale è. Non siamo certo nuovi ad operazioni di questa sensibilità, ma il fatto di aver saputo mantenere, anzi di averla addirittura rilanciata, in un periodo di crisi economica dà l’idea di che pasta siamo fatti.
Se queste due considerazioni aprono una riflessione sui trend in atto, non dobbiamo però trascurare il presente. Un presente molto concreto. Alcune nostre Farmacie Comunali hanno già attivato il servizio di vaccinazione anticovid. A puro titolo di esempio cito il caso che conosco personalmente molto bene della nostra Associata di Fiumicino. In Toscana invece la nostra Farmapiana gestisce addirittura un hub vaccinale di Campi Bisenzio in collaborazione con un locale Centro Commerciale, Asl, Regione e il Comune del territorio.
I nodi strutturali: Convenzione, Remunerazione, Farmacia dei Servizi
Se non ci fosse stato il Coronavirus, i temi di questo paragrafo avrebbero occupato ben altri spazi in questa relazione e nella precedente. I tre dossier più impegnativi e importanti del nostro settore sono sostanzialmente cristallizzati al momento in cui è scoppiata la crisi pandemica.
A proposito della Convenzione, siamo ancora in attesa di una risposta alle nostre osservazioni mosse alla Bozza di Accordo presentata dalla Sisac. Il contesto in cui si svolsero quelle ultime battute non era però positivo. Da un lato ritenevamo insostenibile la presenza dei “saldi invariati” nel rinnovo di un documento di quasi 25 anni fa. Come è possibile, dopo un quarto di secolo e in un settore farmaceutico completamente mutato, pensare di operare alle stesse condizioni di allora? Il fatto poi che nello stesso lasso di tempo le Regioni abbiano rinnovato almeno 3 volte la convenzione coi medici di medicina generale insospettisce non poco sulla considerazione di cui godono le farmacie tra le istituzioni sanitarie regionali.
Noi invece pensiamo che le Farmacie territoriali meritino più risorse. Risorse che devono arrivare da una Nuova Remunerazione che valorizzi l’unicum professionale del Farmacista a vantaggio di una maggiore salute del cittadino. In termini di prevenzione, aderenza alla terapia farmacologica, de-ospedalizzazione, riduzione della spesa farmaceutica.
Chiediamo quindi di remunerare maggiormente nuovi Servizi che solo il Farmacista può offrire, e che possono essere offerti solo da una Farmacia Territoriale.
Ci sono tre date che, messe vicina l’una alle altre, offrono una rappresentazione suggestiva delle difficoltà incontrare su questi temi. 1998: ultimo rinnovo della Convenzione. 2006: prima volta in cui si parlò di Nuova Remunerazione (e fummo noi a farlo). 2009: legge sulla Farmacia dei Servizi. Dopo tutto questo tempo oggi siamo praticamente al palo su tre fronti che potranno avere una soluzione positiva solo se verranno affrontati in maniera integrata.
Sul futuro di questa partita possiamo però contare su almeno un paio di premesse positive. La prima è certamente la nuova considerazione che lo Stato sta riservando alle Farmacie e in generale alla sanità territoriale. La seconda è la fortissima sintonia con Federfarma: con i vertici attuali dei Farmacisti Privati condividiamo le stesse posizioni su tutte le tematiche in Agenda e siamo certi che anche sul Rinnovo della Convenzione, sulla Nuova Remunerazione e sulla Farmacia dei Servizi svilupperemo ottime sinergie nel prossimo futuro.
Le sfide strategiche: Dossier Farmaceutico, digitalizzazione, Società Benefit
In piena coerenza con questo nuovo clima riformatore, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza offre piena attenzione e sostegno alle farmacie rurali. Una vittoria di non poco conto per chi come noi da anni sostiene l’importanza di una presenza capillare delle farmacie su tutto il territorio nazionale.
Ma il PNRR non fa solo questo. Siamo forse stati tra i primi ad immaginare come il capitolo sulla digitalizzazione del Paese potesse aprire interessanti prospettive anche per il nostro settore.
In effetti stiamo parlando di un argomento non certo nuovo per il nostro mondo. Nuova risulta invece la convinzione che non si possa rimandare oltre l’ammodernamento digitale della sanità in genere e della farmacia in particolare. La pandemia ha drammaticamente dimostrato quanto possano fare la differenza cose come la disponibilità di dati aggregati o di canali comunicativi diretti.
La digitalizzazione del nostro settore dovrà insomma diventare uno dei dossier prioritari del processo riformativo finalmente avviato ma certamente non concluso.
Centrale, in questo dibattito, sarà la piena attuazione del Fascicolo Sanitario Elettronico. Lo strumento, come noto, è formalmente attivo in tutte le Regioni ma solo in alcune di esse è già pienamente operativo e corredato del maggior numero di dati possibile. Tra questi dati mancanti figura certamente il Dossier Farmaceutico. Ecco la grande occasione offertaci dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza).
Stiamo parlando di un elemento certamente tecnico, ma dalla valenza strategica spesso sottovalutata in passato. Creare la storia farmaceutica di ogni paziente e successivamente renderla facilmente disponibile a tutto il sistema sanitario non significa solo offrire una maggiore tutela della salute ai nostri concittadini, ma significa anche integrare maggiormente la farmacia nel Sistema Sanitario Nazionale.
Crediamo fermamente che l’attivazione di processi ad alto tasso di digitalizzazione possa produrre anche il benefico effetto collaterale di rivoluzionare le strategie aziendali. Da anni diciamo che Assofarm non è solo una Federazione con obiettivi sociali e politici, ma deve incrementare le sue logiche di sistema di aziende. Il digitale può aiutarci in questa rivoluzione operativa, creando nuove sinergie tra le nostre aziende a beneficio di tutto e di tutti, della nostra operatività, dei nostri bilanci, e soprattutto della nostra competitività di mercato. Cioè della metrica tecnica sulla quale si deciderà buona parte del nostro futuro.
A tal proposito, non vogliamo certo trascurare un tema sempre presente nelle Relazioni di Bilancio degli ultimi anni. Speriamo che di Società Benefit se ne parli sempre più nella nostra Federazione e, in generale in tutto il panorama sanitario italiano.
La scelta, allora definita “apri-pista” operata due anni fa da Afam di Firenze fu accolta con meritatissimo entusiasmo da tutto il nostro movimento. Purtroppo da lì a poco la nostra attenzione sarebbe stata catturata da ben altro, ma oggi si stanno ridefinendo le condizioni per riprendere con forza il filo del discorso. È quello che recentemente abbiamo fatto in seno all’Unione Europea delle Farmacie Sociali (UEFS), promuovendo con successo la possibilità di iscrizione proprio anche a Società Benefit e non più solo a cooperative e società detenute da enti pubblici locali.
Il rinnovo del CCNL
I risultati raggiunti nell’ultimo anno non sarebbero stati possibili senza il lavoro delle nostre risorse umane. Se il Covid ha raso al suolo equilibri politici e rigidità istituzionali apparentemente indistruttibili, i professionisti sanitari sono tra coloro che da marzo in poi hanno iniziato a ricostruirlo giorno dopo giorno.
La nostra gratitudine verso ogni dipendente in forza alle nostre farmacie è stata fin da subito sincera ed emozionata. A breve però si dovrebbe passare dalle parole ai fatti. Nell’immediato futuro potrebbero esserci le condizioni ideali per riprendere le trattative riguardanti il Contratto Collettivo, da tempo in attesa di rinnovo. Come noto, il 31 maggio 2017, l’’Assemblea Straordinaria di Pistoia, stabilì di attendere il nuovo contratto del settore delle farmacie private, al fine di evitare un ulteriore allargamento delle disparità contrattuali tra farmacisti dipendenti del settore privato e dipendenti delle farmacie comunali.
Parallelamente a ciò, bisogna però considerare anche il fatto che, dopo anni di calo costante della redditività delle nostre farmacie e di ristagno delle riforme sistemiche, il probabile avvio di una fase di rilancio della farmacia territoriale, il suo riposizionamento all’interno del SSN, e non ultimi i sostegni diretti che nei prossimi anni arriveranno dal Governo, ci dovrebbero mettere nelle condizioni ottimali per ripensare ad un Contratto che finalmente possa riconoscere nei numeri economici il valore sanitario dei nostri professionisti. Un valore sanitario che è parte integrante di quel patrimonio di credibilità che il mondo delle Farmacie Comunali ha costruito in questi anni e che gli ha permesso di giocare un ruolo autorevole nella gestione istituzionale della crisi.
Non mi dilungo però oltre su questo argomento, tanto vitale quanto complesso per la nostra Federazione, perché ad esso è dedicato il secondo punto all’ordine del giorno di oggi, proprio al termine di questa mia Relazione.
Conclusioni
Dicevo all’inizio che questa non è la prima relazione di Bilancio che certifica un ottimo stato di salute della nostra Federazione, sia per i numeri positivi e solidi del bilancio sia nelle relazioni interne tra le persone. È invece la prima volta che questi risultati vengono prodotti nonostante un lockdown duro di almeno 3 mesi e un’operatività a distanza di almeno un anno. L’entità dei numeri di quest’anno è in linea con gli esercizi precedenti, ma il loro valore simbolico è più alto.
Il merito di ciò non è della tecnologia, ma delle persone. A fianco dei farmacisti impegnati nei nostri presidi territoriali, di cui ho appena parlato, c’è anche il resto del patrimonio umano che dà vita ad Assofarm. Penso agli amministratori e ai professionisti di tutte le nostre Associate, alla nostra Giunta federale e alle nostre rappresentanze regionali, al coordinamento dei direttori, alla delegazione per le trattative sindacali, allo staff dei nostri uffici centrali e al nostro Segretario Generale Francesco Schito.
I nostri uffici sono rimasti formalmente chiusi, nel corso del 2020, per 3 mesi. Durante tale periodo i dipendenti hanno lavorato in modalità agile dal proprio domicilio garantendo la piena operatività e il supporto agli associati 24 ore su 24
Un particolare pensiero in più per i nostri Coordinamenti Regionali. Si tratta di soggetti già presenti nel nostro statuto costitutivo del 1997. Allora fummo la prima federazione a prevedere come le rappresentanze locali, per rimarcarne il ruolo, dovessero sedere anche in Giunta Esecutiva. E oggi, proprio sulla spinta di questa tradizione di lungimiranza, penso sia opportuno valorizzare ulteriormente i nostri Coordinamenti Regionali e soprattutto la maturità politica che ormai hanno raggiunto.
Vorrei rivolgere un ringraziamento davvero commosso ai nostri Revisori dei Conti, ad Alberto Derogatis e al presidente del Collegio Luigi Agnelli, il cui mandato è in scadenza. La nostra Federazione è cresciuta con forza anche grazie alla serenità offertaci dalla professionalità di figure come quelle appena citate
Consentitemi, infine, un particolare ringraziamento, che mi permetto di rivolgere a nome di tutti gli associati, ad Ernesto Toschi che ha terminato la sua straordinaria attività come coordinatore regionale dell’Emilia-Romagna. Senza tema di smentita, lo possiamo ritenere una delle figure più importanti che hanno scritto la storia e contribuito al successo di Assofarm..
Altrettanto importante per la nostra Federazione è stato il contributo di Virgilio Puletti, già coordinatore delle farmacie umbre. Virgilio ha portato a compimento il suo mandato ma ha lasciato in eredità al suo successore e a tutti quanti noi il suo metodo di lavoro massimamente coinvolgente e pregno di risultati concreti.
Ho detto più volte e in diversi modi che il Covid ha fatto emergere la necessità della farmacia territoriale. Ora è giusto ricordarci che, più precisamente, si è avvertita la necessità di un particolare tipo di farmacia territoriale. Una farmacia territoriale come tutti noi la creiamo ogni giorno.
Una farmacia orgogliosamente territoriale che mette al primo posto i bisogni del cittadino e al secondo i propri bilanci, che ha dimostrato di sopportare il rischio sanitario a favore del servizio al paziente, che rinuncia al margine commerciale in nome dei diritti sociali, che fa politica credendo nell’idea di polis e combattendo gli interessi particolari, che crede nel lavoro delle persone e non solo nei numeri dei bilanci.
Diventare così, e riuscire a rimanerlo di battaglia in battaglia, non è stato facile. Dobbiamo ricordare il nostro impegno e andarne fieri ogni giorno perché la strada delle riforme è certamente iniziata ma assolutamente non conclusa. L’errore capitale che dobbiamo evitare nel prossimo futuro è proprio quello di credere che tutto sia ormai tracciato e certo. Le cose in cui crediamo accadranno solo se manterremo lo stesso entusiasmo, tensione morale, tenacia e dinamismo di questi mesi così terribili. Se eviteremo questo errore, noi che non ci siamo mai fermati, potremo veramente contribuire in maniera importante alla Ripartenza del Paese.
Siamo nel posto ideale per immaginare tutto ciò. Dopo aver vissuto la più grave crisi sanitaria del nostro tempo, dopo aver visto interi ospedali trasformati in reparti di terapia intensiva, avendo ancora davanti agli occhi colonne di camion militari entrare nei cimiteri, dopo aver contato quasi 130mila morti tra i nostri concittadini, e tra essi almeno 30 farmacisti, dopo tutto questo ci piace pensare che ritrovarci insieme nella culla del Rinascimento sia cosa di buon auspicio.
Qualche settimana fa sono rimasto impressionato da un’immagine molto suggestiva, quella dei popcorn. Quando li buttiamo nella padella e accendiamo il fuoco, per il 95% del tempo non succede nulla, ed è solo nell’ultimo 5% dell’intero processo che i cicchi di mais scoppiano e nascono i popcorn. Ci sono percorsi che funzionano così, è richiesto un lungo periodo durante il quale i nostri impegni non sono confortati dai risultati. Poi all’improvviso succede tutto e noi scopriamo di avercela fatta. Dopo tanti anni passati lavorando a testa bassa, oggi sentiamo i primi scoppiettii in pentola.
Grazie per l’attenzione.